
-Le Origini della Vepu Foundation-
La Vepu Foundation, fondata da Carl Vepu, è sempre stata un’organizzazione enigmatica, circondata da un’aura di filantropia e progresso scientifico.
Dietro quella facciata, però, nei laboratori nascosti sparsi nel mondo, prendevano forma esperimenti capaci di alterare le leggi della realtà.
Le stazioni – Nautilus, Nodo, Ombra, Metro, Icarus (creata in sostituzione della stazione Nodo), Serra, Pettirosso, Porta, Satellite,Smaltimento, Centrale e Disegno
– costituivano i nodi di un progetto che intrecciava ricerca sull’energia, studi sulla coscienza e manipolazione del tempo.
Tra le teorie più ambiziose vi era quella dell’Ombra Elettrica, ideata dal visionario Dr. Alexander Grigori Petrov, mente fuori dal comune che in
seguito sarebbe stata conosciuta come l’Uomo di Somerton. Petrov sosteneva che le ombre non fossero semplici proiezioni di luce, ma entità in grado
di accumulare energia vitale e interagire con l’universo come segnali elettrici. Secondo lui, rappresentavano portali naturali verso dimensioni
parallele.
Con l’appoggio dei fratelli Vepu, ottenne i fondi per fondare la Stazione Ombra, un laboratorio segreto nei boschi di Ceprano dove iniziò esperimenti
ai limiti della comprensione umana.
-L’Incidente del 1946-
Nella primavera del 1946, Petrov condusse un esperimento cruciale: l’interazione diretta con l’ombra umana. Quel giorno, mentre la stazione vibrava
di macchinari e proiezioni, la sua ombra si staccò dal corpo, assumendo forma autonoma.
Da quel momento rimase intrappolato in un loop temporale infinito. Ogni mattina si svegliava, faceva colazione, si pettinava, ripeteva
l’esperimento… e l’incidente si ripeteva. Sempre uguale. Sempre ciclico.
Un errore apparentemente insignificante aprì uno spiraglio: Petrov fumò una sigaretta appartenente a un collega cardiopatico. Era stata imbevuta di
digitale, sostanza che, per ragioni ignote, interferì con l’effetto del loop. In quei rari momenti di lucidità comprese che alcuni oggetti – come il filo
arancione cerato – non venivano risucchiati dal ciclo.
Cominciò così a lasciare indizi: password criptate, istruzioni per la calibrazione delle antenne, appunti sparsi. Poco prima della fine, riuscì a spedire
una cartolina con un codice d’accesso al server che custodiva i dati per fermare l’Ombra, sfruttando le antenne della Vepu progettate per le
comunicazioni tra stazioni. Sperava che un giorno qualcuno la trovasse.
Stremato, cosciente che la separazione dalla propria ombra stava logorando corpo e mente, fuggì dalla Stazione Ombra. Si allontanò da Ceprano,
forse nel tentativo di indebolire l’influenza dell’entità o trovare un punto di disconnessione energetica.
Raggiunse Somerton, in Australia. La scelta del luogo non sembrava casuale: forse un’eco temporale, forse una frattura dimensionale. Si lasciò morire
sulla spiaggia, in posa composta e silenziosa. Il corpo, privo di identità e circondato da oggetti enigmatici, venne ritrovato la mattina seguente.
La Vepu intervenne subito: occultò ogni prova e riscrisse la vicenda sotto il nome di “Uomo di Somerton”, costruendo un enigma destinato a resistere
nel tempo.
-Il Segnale di Sarah e Joe-
Sarah, centralinista nella piccola cittadina di Ceprano, viveva un’esistenza abitudinaria, scandita dal ritmo dei turni e dal fruscio delle linee
telefoniche. L’unico svago era osservare il cielo notturno e registrare frammenti di comunicazioni radio insolite.
Joe, giovane ingegnere elettronico e DJ amatoriale, passava le giornate tra antenne, amplificatori e circuiti modificati. Conduceva una trasmissione
radio notturna, “Voci della Notte”, in cui alternava musica e telefonate anonime, spesso cariche di racconti inquietanti.
Nell’estate del 1983, Sarah intercettò un segnale anomalo: suoni pulsanti e distorti, accompagnati da un sussurro che modulava parole in una lingua
sconosciuta. Lo registrò e lo portò a Joe. Ascoltando insieme la traccia, ebbero la sensazione che fosse vivo.
Decisero di collaborare: Sarah curava le registrazioni e le interviste, Joe gestiva le trasmissioni e il tracciamento delle frequenze. Lanciavano appelli
alla comunità, raccogliendo testimonianze su sogni ricorrenti, apparizioni e rumori inspiegabili.
Un giorno ricevettero una chiamata anonima: una donna li invitava a incontrarla in un casolare abbandonato ai margini del bosco. Era un’anziana
minuta, dagli occhi chiari e inquieti. Raccontò di voci tra gli alberi, luci nel cielo e di un figlio, Oliver, che parlava lingue ignote nel sonno prima di
sparire. Quelle stesse parole, disse, coincidevano con il codice dell’Uomo di Somerton.
Avvertì Sarah e Joe: «Seguite gli indizi. Guardate indietro. È già successo. Tante volte. E altrettante volte vi ho raccontato questa storia.»
Turbati, i due lasciarono la casa portando con sé la registrazione. Da lì le indagini presero una svolta.
Successivamente, nel 1998, il detective Lorenzo Hurondi ritrovò la cassetta nella biblioteca comunale. Quella voce tremante e lucida fu per lui la
prova che a Ceprano stava accadendo qualcosa che sfuggiva alla logica e al tempo.
Ma Sarah e Joe, spingendosi oltre, sparirono. L’ultima volta furono visti dirigersi verso una struttura abbandonata tra le rovine di una stazione
dimenticata. Non tornarono più.
-L’Indagine di Lorenzo Hurondi-
Nel 1998 Lorenzo Hurondi, investigatore noto per la sua ostinazione nei casi irrisolti, ricevette una lettera anonima. All’interno c’erano riferimenti al
caso di Somerton e a misteriose sparizioni a Ceprano. In seguito si sarebbe scoperto che la lettera era stata scritta da Giulio Maria Ferrari, con
l’appoggio segreto di Jack Vepu.
Hurondi giunse a Ceprano il 31 ottobre dello stesso anno. Cominciò a raccogliere indizi e a ricostruire vicende dimenticate. La prima scoperta fu una
cassetta rinvenuta nella biblioteca comunale, con la registrazione dell’incontro tra Sarah, Joe e l’anziana signora. Ascoltando quella voce fragile ma
lucida, intuì che gli eventi non seguivano le normali dinamiche temporali.
Le sue ricerche portarono alla luce altri documenti: fiammiferi con coordinate incise, pagine di diario criptate, un messaggio disturbato che
sembrava provenire da un segnale radio impazzito. Seguendo quelle tracce, Hurondi scoprì una trasmissione registrata di Sarah, nella quale
ammetteva di percepire che “qualcosa stava prendendo possesso del suo cervello”.
Nella sede ormai abbandonata della radio trovò anche riferimenti a una scomparsa più antica, quella di un pastore, e la testimonianza inquietante di
un ascoltatore anonimo che descriveva luci nei boschi e voci udite nel sonno. Tutto convergeva verso un’unica entità: un’Ombra senziente, capace di
riscrivere la volontà umana.
Le tracce lo condussero fino alla Vepu Foundation. I documenti, ormai deteriorati, parlavano di soggetti usati come catalizzatori in esperimenti
condotti nella Stazione Ombra. I nomi coinvolti erano noti: Giovanni, Giuseppe, Sophie, Elisa e Giulio Maria Ferrari. Fu proprio Ferrari a rivelargli la
verità su Petrov, l’Uomo di Somerton, e sulla teoria dell’Ombra Elettrica.
Hurondi comprese che la sparizione di Sarah e Joe non era un evento isolato, ma parte di un progetto più vasto e pericoloso. La sua indagine, però, si
interruppe bruscamente. Una notte, mentre verificava una segnalazione nei pressi dell’antenna BTS 301819, scomparve. Nessuno lo vide più. Il suo
ultimo messaggio audio, registrato su un mini-nastro, conteneva poche parole:
«Non è la prima volta. E so che non sarà l’ultima.»
-I Messaggi nel Tempo-
Intrappolato nel loop come Petrov, Sarah e Joe prima di lui, Hurondi comprese presto che il tempo non era lineare. Ogni ciclo gli restituiva frammenti
di memoria dai precedenti. Così iniziò a scrivere.
Non semplici appunti, ma messaggi codificati: simboli, coordinate, trascrizioni, istruzioni. Li nascose in luoghi chiave di Ceprano – la biblioteca, la
torre dell’acqua, il cimitero vecchio, la Stazione Metro, le cabine radio della BTS.
Alcune note erano rivolte a se stesso, per non dimenticare. Altre, a chi in futuro avrebbe potuto raccoglierle. Contenevano indicazioni per ricalibrare
le antenne, parole chiave per accedere ai server della Vepu, formule incomplete del Progetto NIGHT e, soprattutto, frammenti dell’identità
dell’Ombra.
In uno dei suoi ultimi appunti scrisse:
«Il ciclo non è eterno. Ma solo se qualcuno, da fuori, sa dove guardare. Non ho più tempo. Ma voi sì.»
Hurondi divenne così una presenza costante, una voce nascosta nei documenti disseminati per Ceprano. Non più un detective scomparso, ma un
narratore occulto che, ciclo dopo ciclo, arricchiva i suoi messaggi per offrire una via d’uscita.
-L’Inchiesta del 2024-
Nell’ottobre del 2024, un piccolo gruppo di ricercatori, hacker e curiosi riuscì a recuperare parte degli appunti di Hurondi. Decifrarono i codici e
ricostruirono gli eventi.
Gli archivi criptati della Vepu e i segnali radio confermarono l’esistenza del Progetto NIGHT, della Stazione Ombra e del ciclo temporale. Capirono che
per spezzare il loop bisognava inviare un segnale opposto a quello dell’Ombra, utilizzando le antenne speciali che Jack Vepu aveva progettato e
installato decenni prima.
Con l’aiuto degli scritti di Ferrari, delle mappe di Sara Gilbert e dei sistemi elaborati da Petrov, completarono la procedura.
-Il Segnale e la Luce-
Le due antenne – una presso la Stazione Nautilus, l’altra sul monte tra Disegno e Pettirosso – vennero ricalibrate usando uno strumento sviluppato
grazie all’intuizione di Jack Vepu. I test, eseguiti sotto la supervisione del dottor Hassel e di Ferrari, confermarono che il sistema era pronto.
Il gruppo trasmise il segnale in un momento calcolato con precisione, quando la frequenza dell’Ombra era più vulnerabile. Quando l’onda attraversò
l’etere, investì i nodi delle stazioni e i punti di fluttuazione temporale. L’ambiente reagì: luci tremolanti, suoni distorti, improvvisa pressione
nell’aria. Poi… silenzio.
L’Ombra iniziò a ritirarsi. Il ciclo si spezzò.
Ma non era la fine. Jack Vepu, in possesso dell’ultima scorta di UNICUM, comprese che la trasmissione non bastava. Per liberare le persone
intrappolate serviva un’azione diretta, dentro il tempo stesso.
Prese allora una decisione estrema: utilizzare un dispositivo di salto temporale miniaturizzato, costruito sui progetti originali di Petrov e calibrato
con i parametri della Stazione Icarus. Effettuò un unico viaggio, puntando al salvataggio di Sarah e Joe.
Li trovò all’interno del loop, sospesi e ancora non consumati. Con l’UNICUM ruppe il sigillo temporale e li riportò nel presente. Erano disorientati ma
vivi, con ricordi frammentari che tuttavia conservavano la memoria dell’esperienza.
La Fondazione li prese in carico per il reinserimento nella linea temporale. Ma quella era l’ultima scorta di UNICUM. Non c’era più nulla per tornare
a recuperare le altre vittime. Decine, forse centinaia, erano rimaste sospese in bolle temporali: alcune dissolte dall’Ombra, altre – come Lorenzo
Hurondi – ancora coscienti, ma bloccate.
Jack lo sapeva. Aveva scelto.
-Il Sacrificio di Hurondi-
Lorenzo Hurondi sapeva.
Non era più un semplice investigatore smarrito in un caso troppo grande per lui: era diventato parte del meccanismo stesso. Ogni ciclo gli aveva
mostrato brandelli di verità, ogni frammento gli aveva sussurrato che il suo destino non era quello di fuggire, ma di restare.
All’inizio aveva cercato una via d’uscita. Passava ore a mappare il ripetersi degli eventi, a calcolare il tempo preciso in cui il sole si spegneva dietro i
colli di Ceprano, a confrontare le sfumature di luce che filtravano dalle finestre della biblioteca o il canto identico degli uccelli al mattino. Ma presto
comprese: non era prigioniero di una trappola, era guardiano di un confine.
Il loop lo consumava, ma gli dava anche potere. Ad ogni ripetizione imparava qualcosa in più. A volte bastava cambiare un dettaglio: il luogo in cui
lasciava una nota, l’intonazione con cui pronunciava una parola, il momento in cui decideva di accendere un registratore. Piccoli gesti che,
accumulandosi, creavano un reticolo di messaggi sparsi nel tempo.
Sapeva che nessuno avrebbe potuto liberarlo. Sapeva anche che qualcuno, un giorno, avrebbe trovato ciò che aveva lasciato. Ed era questo a dargli
forza.
La consapevolezza della scelta maturò lentamente. Una sera, nel cuore di un ennesimo ciclo, mentre camminava nei boschi vicino alla BTS 301819,
udì il rumore dell’Ombra muoversi: un fruscio grave, come di vento che trascina sabbia e cenere. Era ovunque e da nessuna parte, insinuandosi tra i
rami, deformando i contorni della realtà. Non provò più paura. Solo una calma severa.
«Se io non resto,» pensò, «nessuno troverà mai la strada.»
Fu allora che capì che la sua presenza non era un errore ma un atto necessario. Restare nel ciclo significava diventare memoria vivente, eco costante,
custode di un archivio invisibile. Non avrebbe più cercato di spezzare la catena: avrebbe imparato ad abitarla.
Cominciò a organizzare i suoi giorni con meticolosità. La mattina lasciava appunti in luoghi diversi: sotto la lapide di un cimitero, nella piega di un
libro dimenticato, incisi sul retro di un fiammifero. Il pomeriggio si dedicava alle registrazioni: la sua voce, ferma e pacata, ripeteva istruzioni,
coordinate, avvertimenti. La notte, quando il loop ricominciava, si addormentava con la consapevolezza che quelle tracce sarebbero sopravvissute a
lui.
Il sacrificio non fu improvviso. Fu una lenta rinuncia. Rinuncia alla libertà, alla speranza di un ritorno, alla sua stessa identità. Ogni ciclo cancellava
una parte di sé, ma ogni nota lasciata lo rendeva più grande, più presente, più utile.
Un giorno – o forse un ciclo qualsiasi, indistinguibile dagli altri – si fermò davanti a uno specchio polveroso nella Stazione Metro abbandonata. Vide
il suo volto scavato, gli occhi segnati da stanchezza, ma nello sguardo riconobbe qualcosa di nuovo: determinazione. Non era più un uomo in fuga.
Era un testimone.
Scrisse sul vetro appannato con un dito tremante:
«Non cercatemi. Cercate gli indizi.»
Poi sorrise, per la prima volta dopo anni di ripetizioni. Non era la resa, ma l’accettazione.
Hurondi rimase. Rimase per tutti coloro che sarebbero venuti dopo, per chi avrebbe raccolto i suoi frammenti e tentato l’impossibile. Rimase come
sentinella di un tempo spezzato, come voce nascosta nei muri di Ceprano, come custode silenzioso dell’ultima verità.
Il suo sacrificio non fu un atto disperato, ma una scelta lucida. Un atto di coraggio puro, in cui la dignità umana si oppose all’abisso.
L’Ombra lo circondò, lo assorbì, lo fece suo. Ma non riuscì a cancellarlo del tutto. Perché Hurondi era diventato più del suo corpo, più del suo nome.
Era diventato memoria.
E ogni memoria, prima o poi, trova qualcuno disposto ad ascoltarla.
-Epilogo-
Petrov, l’Uomo di Somerton, fu l’inizio di tutto.
La sua morte enigmatica, orchestrata e occultata dalla Vepu Foundation, segnò il punto in cui la scienza superò la morale. I suoi appunti sulla teoria
dell’Ombra Elettrica furono sottratti, studiati, rielaborati, trasformati in un arsenale di conoscenze che nessuno avrebbe dovuto maneggiare.
Carl e Jack Vepu ereditarono un’eredità maledetta. Carl la spinse verso l’ambizione cieca, Jack la portò dentro di sé come un peso insopportabile. In
mezzo, Giulio Maria Ferrari lottò nell’ombra, tentando di frenare il progetto dall’interno. La sua opposizione non fu mai dichiarata, ma disseminata
in tracce sottili: lettere anonime, istruzioni criptate, simboli incisi nei margini dei documenti ufficiali.
Il triangolo arancione, ultimo enigma lasciato da Ferrari, custodiva l’ultima chiave. Non era soltanto un codice: era un monito. Un avvertimento
inciso nella geometria stessa del tempo, un sigillo che indicava come il ciclo potesse essere spezzato solo comprendendo fino in fondo la storia di
Petrov.
Il Progetto NIGHT fu ufficialmente disattivato. Le stazioni si ridussero a gusci silenziosi: corridoi abbandonati, strumenti spenti, archivi polverosi.
L’Ombra, ferita dal segnale trasmesso, si ritirò come un animale in letargo, lasciando dietro di sé cicatrici invisibili.
Ma la vittoria non fu totale.
Decine, forse centinaia di coscienze restavano sospese, intrappolate in cicli incompleti, in stanze di tempo chiuso. Voci dimenticate, passi che non
portavano a nulla, frammenti di memoria che continuavano a pulsare come echi lontani.
Hurondi, intrappolato per sempre, vegliava ancora. Il suo sacrificio divenne leggenda: una presenza silenziosa che, di tanto in tanto, si manifestava
in un dettaglio fuori posto, in un foglio dimenticato, in una voce disturbata captata dalle frequenze radio di Ceprano. Era come se la sua volontà fosse
rimasta ancorata ai muri, ai boschi, alle antenne arrugginite.
Sarah e Joe, tornati al presente, vivevano come sopravvissuti. Non erano più le stesse persone. Portavano negli occhi la luce spenta di chi ha visto il
tempo sgretolarsi. I loro ricordi, seppur frammentari, custodivano la verità: l’Ombra non era stata sconfitta, solo indebolita.
Jack Vepu, svuotato dall’uso dell’ultimo UNICUM, rimase l’uomo che aveva scelto. Non un eroe, non un carnefice. Qualcosa di più fragile: un
testimone che aveva pagato con il futuro di altri la salvezza di pochi. Sapeva che la sua decisione avrebbe diviso i giudizi, ma non si pentì. La sua
colpa era il suo lascito.
E così, sulle macerie del Progetto NIGHT, restava un’unica certezza: niente era davvero finito.
Nelle pieghe del tempo sopravvivevano tracce – scintille di coscienza, impronte lasciate dai cicli spezzati, memorie che non volevano morire.
Un giorno, forse, qualcuno avrebbe raccolto quegli echi.
Un giorno, forse, l’Ombra si sarebbe rialzata.
Perché i progetti mai conclusi non smettono di vivere: attendono, respirano sottovoce, consumano lentamente il silenzio.
E Ceprano, con i suoi boschi, le sue antenne, le sue stazioni sepolte, rimaneva lì.
Inquieta.
Custode di un segreto che nessuna vittoria potrà mai cancellare.
